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L’immortalità dell’anima

La Parola di Dio insegna che l’essere umano è un’anima vivente perché è scritto che quando Dio formò il primo uomo dalla polvere della terra gli soffiò nelle narici un alito vitale ed egli divenne un anima vivente (cfr. Gen. 2:7), ma essa insegna anche che l’uomo possiede un’anima che è immortale, e non mortale come il suo corpo, che alla morte va in Paradiso se salva, ma nell’Ades (conosciuto meglio come l’inferno) se perduta, e perciò l’uomo continua ad esistere spiritualmente dopo che muore. Questa anima possiamo definirla l’uomo interiore di ogni essere umano, per distinguerla dall’uomo esteriore che invece è il corpo in cui si trova l’anima.

 

Passi della Scrittura che chiamano l’essere umano ‘anima’

 

Ora, la sacra Scrittura chiama le persone anche anime e questi passi lo confermano:

 

Ÿ “E gli Israeliti batteron lui, coi suoi figliuoli e con tutto il suo popolo, in guisa che non gli rimase più anima viva..” (Num. 21:35);

 

Ÿ “E i figliuoli d’Israele si tennero per sé tutto il bottino di quelle città e il bestiame, ma misero a fil di spada tutti gli uomini fino al loro completo sterminio, senza lasciare anima viva” (Gios. 11:14);

 

Ÿ “E ogni anima era presa da timore…” (Atti 2:43);

 

Ÿ “E Giuseppe mandò a chiamare Giacobbe suo padre, e tutto il suo parentado, che era di settantacinque anime” (Atti 7:14);

 

Ÿ “La pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè, mentre si preparava l’arca; nella quale poche anime, cioè otto, furon salvate tra mezzo all’acqua” (1 Piet. 3:20).

 

Ma la stessa Scrittura insegna chiaramente che l’anima non é il corpo, e il corpo non é l’anima; e che quando il corpo di una persona muore la sua anima si diparte, e, se é un figliuolo di Dio va ad abitare con il Signore in cielo, se no discende nel soggiorno dei morti dove c’é un fuoco non attizzato da mano d’uomo e dove c’é il pianto e lo stridore dei denti.

 

Passi della Scrittura che attestano la differenza tra l’anima e il corpo

 

Vediamo innanzi tutto dei passi che attestano che l’anima non é il corpo dell’uomo e che alla morte dell’individuo essa esce dal corpo.

 

Ÿ A proposito del parto che Rachele ebbe quando nacque Beniamino è scritto: “Essa ebbe un duro parto; e mentre penava a partorire, la levatrice le disse: ‘Non temere, perché eccoti un altro figliuolo’. E com’ella stava per render l’anima (perché morì), pose nome al bimbo Ben-Oni” (Gen. 35:16-18). Da questo passo si comprende che Rachele rese l’anima quando morì.

 

Ÿ Nel libro delle Lamentazioni è scritto: “Essi chiedevano alle loro madri: Dov’è il pane, dov’è il vino?….’ e intanto venivano meno come de’ feriti a morte nelle piazze della città, e rendevano l’anima sul seno delle madri loro” (Lam. 2:12). Quando Gerusalemme fu assediata dall’esercito dei Caldei, molti bambini morirono di fame e di sete, rendendo la loro anima sul seno delle loro madri.

 

Ÿ Quando il profeta Elia pregò Dio affinché risuscitasse il bambino morto alla vedova di cui lui era ospite, disse: “O Eterno, Iddio mio, torni ti prego, l’anima di questo fanciullo in lui! E l’Eterno esaudì la voce d’Elia: l’anima del fanciullo tornò in lui, ed ei fu reso alla vita” (1 Re 17:21-22).

 

Come potete vedere Elia credeva che nel corpo di un essere umano vi era un anima, e che affinché un morto tornasse in vita era necessario che Dio gli facesse tornare l’anima in lui.

 

Ÿ Lo stesso Elia, quando nel deserto espresse il desiderio di morire, disse a Dio: “Basta! Prendi ora, o Eterno, l’anima mia, poiché io non valgo meglio de’ miei padri!” (1 Re 19:4); il che sta a dimostrare che lui credeva di avere un’anima nel suo corpo ed anche che quando si muore Dio fa uscire l’anima dal corpo dell’uomo.

 

Ÿ A proposito della resurrezione del Cristo, Davide disse: “Tu non lascerai l’anima mia nell’Ades…” (Atti 2:27): e noi sappiamo che l’Ades é il soggiorno dei morti dove c’é il fuoco che arde perché del ricco è scritto che morì e “fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma” (Luca 16:22-24).

 

Quindi, quando Cristo morì sulla croce avvenne che l’anima sua uscì dal suo corpo e discese nel soggiorno dei morti, mentre per ciò che concerne il suo corpo, esso fu posto in un sepolcro da Giuseppe di Arimatea. Se dicessimo che Cristo Gesù non aveva un’anima immortale nel suo corpo, dovremmo dire che quando egli morì fu annichilito, cioè smise di vivere del tutto, non solo fisicamente ma anche spiritualmente. E che quindi Pietro ha mentito quando dice che Cristo nello spirito “andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furono ribelli…” (1 Piet. 3:19-20). Ma tutto questo non si può dire proprio perché Gesù aveva un’anima nel suo corpo.

 

Ÿ Quando a Troas quel giovinetto Eutico sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano è scritto che “fu levato morto. Ma Paolo, sceso a basso, si buttò su di lui, e abbracciatolo, disse: Non fate tanto strepito, perché l’anima sua é in lui… Il ragazzo poi fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltre modo consolati” (Atti 20:9-10,12).

 

In questo caso quel ragazzo fu levato morto, ma la sua anima per volere di Dio rimase in lui per breve tempo senza dipartirsi, infatti Paolo disse ai fratelli che l’anima del ragazzo era in lui. Come potete vedere pure Paolo credeva che l’anima non é il corpo, ma una parte del nostro essere che si trova dentro il corpo.

 

Ÿ Nel libro di Giobbe è scritto: “Quale speranza rimane mai all’empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce l’anima?” (Giob. 27:8).

 

Anche da queste parole si comprende che l’anima non è il corpo perché é dentro il corpo. A conferma di questo passo in Giobbe vi ricordo la storia del ricco e di Lazzaro in cui viene detto che quando il ricco morì fu seppellito e nell’Ades, essendo nei tormenti, vide da lontano Abramo e Lazzaro; ma per lui non ci fu più alcuna speranza di salvezza (cfr. Luca 16:19-31).

 

Ÿ Gesù disse ad uno dei ladroni che erano in croce: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso” (Luca 23:43) facendogli chiaramente capire che in quello stesso giorno, quando lui sarebbe morto, lui sarebbe andato in paradiso.

 

Così quell’uomo in quello stesso giorno appena spirò andò ad abitare nel paradiso, il che equivale a dire che egli continuò a vivere ma in un’altra dimensione e in un altro luogo. Quindi se quell’uomo non avesse avuto un anima nel suo corpo, come avrebbe potuto andare in paradiso in quello stesso giorno? Per certo non ci andò col corpo, perché esso rimase sulla terra, ma ci andò con l’anima immortale che era in lui e che non poté essere uccisa.

 

Ÿ Gesù disse ai Sadducei che negavano la risurrezione: “Or Egli non é un Dio di morti, ma di viventi; poiché per lui vivono tutti” (Luca 20:38), facendo chiaramente capire che coloro che muoiono in fede, muoiono quanto alla carne, ma continuano a vivere per il Signore e perciò sono viventi. Secondo quanto dice lo storico Giuseppe Flavio (n. 37 – m. dopo il 100) nelle sue Antichità Giudaiche, i Sadducei negavano, oltre che la risurrezione corporale, pure l’immortalità dell’anima infatti dicevano che le anime morivano con i corpi (Antichità Giudaiche, Libro XVIII, 1 § 4). Da ciò si spiega il perché Gesù Cristo rispose loro in quella maniera, cioè sia attestando che un giorno gli uomini sarebbero risorti ma anche che nello stesso momento in cui egli stava parlando Abramo, Isacco e Giacobbe stavano vivendo perché Dio era il loro Dio, e Lui non era l’Iddio dei morti ma dei viventi. Quando noi dunque oggi diciamo che l’Iddio che serviamo é l’Iddio d’Abramo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, facciamo bene, perché Dio stesso disse a Mosè: “Tale é il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni” (Es. 3:15); ma é chiaro che per essere il loro Dio essi devono vivere in qualche luogo. Ora, dopo tutti questi secoli che sono passati dalla loro morte, possiamo dire che i loro corpi sono tornati in polvere, ma certamente non possiamo dire che con la loro morte essi hanno cessato di esistere del tutto, e questo perché Dio, dopo tutti questi secoli, non si vergogna di essere chiamato il loro Dio. Che cosa esiste quindi dei patriarchi se il loro corpo si è decomposto e tornato in polvere? Le loro anime immortali. Il Vivente é l’Iddio di coloro che vivono. Ma dove vivono essi? Essi vivono con le loro anime nel regno dei cieli. Mentre erano viventi sulla terra confessarono di essere pellegrini e forestieri sulla terra, dimostrando che essi cercavano una patria, quella celeste, che era di gran lunga migliore di quella dalla quale eran usciti.

 

Ÿ Paolo dice ai Romani: “Sia dunque che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore” (Rom. 14:8).

 

Questo significa che noi apparteniamo a Cristo e siamo nella sua mano sia mentre abitiamo in questo corpo e sia quando ce ne dipartiremo. Questo perché neppure la morte ci può separare dall’amore di Dio che è in Cristo; no neppure la morte. E difatti Gesù ha detto delle sue pecore: “Nessuno le rapirà dalla mia mano” (Giov. 10:28).

 

Ora, se con la morte si estinguesse del tutto una persona, ossia se nell’uomo non ci fosse un anima immortale, come si potrebbe affermare che noi quando moriremo apparterremo ancora a Cristo e saremo ancora nella sua mano? Non potremmo perché dovremmo dire che la morte riuscirà a toglierci dalla sua mano! Ma noi invece sappiamo che “i giusti e i savi e le loro opere sono nelle mani di Dio” (Ecc. 9:1).

 

Ÿ Nel libro della Rivelazione, Giovanni dice di avere visto le anime di coloro che erano stati uccisi per la Parola di Dio i quali tornarono in vita infatti ha scritto: “E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non avevano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni” (Ap. 20:4).

 

Notate che Giovanni dice di avere visto prima le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della parola di Dio e poi che essi tornarono in vita; naturalmente tornarono a vivere con un corpo risuscitato, ma nel frattempo, cioè tra la loro morte e la loro risurrezione avevano continuato a vivere ma solo con la loro anima difatti Giovanni vide le loro anime. Anche queste parole di Giovanni attestano l’esistenza dell’anima e la sua immortalità.

 

Ÿ Nel Vangelo scritto da Matteo troviamo scritto che un giorno Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse sopra un alto monte sul quale egli fu trasfigurato e quando la sua faccia risplendé come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce “apparvero loro Mosè ed Elia, che stavan conversando con lui” (Matt. 17:3).

 

Ora, la Scrittura dice a proposito di Mosè che egli morì e fu seppellito da Dio infatti è scritto nella legge: “Mosè, servo dell’Eterno, morì quivi, nel paese di Moab, come l’Eterno avea comandato. E l’Eterno lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, dirimpetto a Beth-Peor” (Deut. 34:5-6); notate che c’é scritto che egli morì e fu seppellito, quindi nessuno può dire che il suo corpo non sia stato seppellito. A conferma che Mosè morì veramente ci sono le parole di Giuda che dice che l’arcangelo Michele “contendendo col diavolo, disputava circa il corpo di Mosè” (Giuda 9). Se dunque Mosè era morto chi era colui che apparve assieme ad Elia sul monte santo e che i discepoli videro e udirono? Semplice; era Mosè, ma senza il suo corpo, in altre parole era l’anima di Mosè. Questa apparizione di Mosè sul monte santo dunque è un’ulteriore conferma che l’anima non è il corpo ed il corpo non è l’anima, e che dopo morti l’anima dell’uomo che è in lui si diparte dal suo corpo e continua a vivere.

 

Ÿ Gesù ha detto: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima: temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna” (Matt. 10:28).

 

L’anima quindi non è il corpo dell’uomo perché se così fosse Gesù non avrebbe parlato in questa maniera. Infatti, se uccidere il corpo di una persona significa implicitamente uccidere l’anima, Gesù non avrebbe detto che il corpo si può uccidere ma l’anima no! L’anima quindi, a differenza del corpo, non può essere uccisa; però può essere fatta perire nella geenna (il fuoco inestinguibile) assieme al corpo.

 

Passi della Scrittura che indicano i luoghi dell’oltretomba dove vanno le anime degli uomini

 

Vediamo ora alcune Scritture che attestano che alla morte l’anima del peccatore va nell’Ades, mentre quella del giusto in cielo.

 

Ÿ Gesù disse: “Or v’era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso, ed ogni giorno godeva splendidamente; e v’era un pover’uomo chiamato Lazzaro, che giaceva alla porta di lui, pieno d’ulceri, e bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco; anzi perfino venivano i cani a leccargli le ulceri. Or avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno d’Abramo; morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma” (Luca 16:19-24.). Come potete vedere quest’uomo ricco, dopo che morì, si ritrovò nell’Ades, nei tormenti, e questo perché mentre era in vita non aveva voluto dare ascolto alla legge di Mosè e ai profeti.

 

Ÿ Nel libro della Rivelazione è scritto: “E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa; e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?” (Ap. 6:9-10).

 

Giovanni vide le anime di un certo numero di credenti che erano stati uccisi a motivo della Parola di Dio, e le vide presso l’altare che é nel cielo davanti a Dio. Notate che quelle anime erano in grado di gridare a gran voce, di ricordare che erano stati uccisi e da chi erano stati uccisi. Come potete vedere l’espressione “le anime di quelli ch’erano stati uccisi” (Ap. 6:9) dimostra sia che l’anima di una persona non è la persona stessa cioè il suo corpo, ma qualcosa di diverso dal suo corpo, e poi che l’anima a differenza del corpo non può essere uccisa come ha detto Gesù.

 

Alla luce di queste Scritture dunque, l’uomo ha un anima all’interno del suo corpo che quando muore continua a vivere: nell’Ades (o inferno) in mezzo ad atroci sofferenze, se muore nei suoi peccati; o in cielo (o paradiso) al cospetto di Dio e di Gesù nella gioia, se muore in Cristo.

 

Una parola d’esortazione

 

Tu fratello sei tra il numero di coloro che avendo creduto nel Signore hanno la vita eterna per cui quando morirai andrai subito ad abitare con il Signore in cielo, nella gloria dove regna la pace e dove non c’è più dolore e pianto, e dove ti riposerai in attesa della resurrezione. Rallegrati dunque grandemente perché la tua anima è salva e studiati di perseverare fino alla fine perché come disse Gesù: “Con la vostra perseveranza guadagnerete le anime vostre” (Luca 21:19). Bada bene di non rinnegare la tua fede in Cristo altrimenti pure tu andrai all’inferno quando morirai infatti è scritto che quelli che si traggono indietro lo fanno “a loro perdizione” (Ebr. 10:39). E studiati di avvertire più anime possibili sui tormenti dell’inferno che patiranno dopo morti se non si ravvedono dai loro peccati e non credono in Gesù Cristo.

 

Forse però frequenti una comunità dove dell’inferno non ne senti mai parlare quasi che non esistesse, o magari ne senti parlare di sfuggita senza che vi venga posta la giusta enfasi, e perciò sei persuaso che i Cristiani non devono parlare del fuoco dell’inferno ai peccatori. Ti stai sbagliando grandemente, e questo perché Gesù stesso, il Figlio di Dio disceso dal cielo, ne parlò nei suoi insegnamenti. Leggi attentamente gli insegnamenti di Gesù e ti accorgerai di questo. Non temere dunque di avvertire i peccatori dall’inferno, perché è una cosa che ha fatto lo stesso Gesù.

 

Sicuramente, nel sentirti parlare dell’inferno ai peccatori o magari ad altri fratelli, certi credenti ti definiranno un terrorista e non un portatore di buone novelle, uno che vuole spaventare la gente con discorsi che non si addicono più all’era moderna in cui noi viviamo. ‘Sono discorsi che andavano bene nel Medioevo, ma non ora!’, ‘A chi pensi di mettere paura con questi tuoi discorsi?’. ti diranno. Tu però non devi arrenderti davanti a questi ostacoli; è normale ricevere opposizione quando si annuncia la verità agli uomini. E talvolta questa opposizione si leva proprio dal mezzo della fratellanza.

 

Perché questa opposizione al dare avvertimenti sull’inferno? Perché è opinione oramai molto diffusa nelle chiese che l’annuncio del Vangelo non deve contenere avvertimenti sulla terribile e spaventosa fine che attende dopo la morte coloro che non lo accetteranno. Questo è falso perché il Vangelo è ciò che dice la stessa parola cioè una buona novella, proprio perché salva chi lo accetta dal peccato il cui salario è la morte e che conduce chi ne è schiavo all’inferno. Dunque essere salvati dal peccato e da questo presente secolo malvagio corrisponde automaticamente ad essere salvati dall’inferno dove tutti noi stavamo andando quando eravamo figli d’ira. Ma io dico: Come può essere portato un peccatore a tremare dinnanzi all’annuncio del ravvedimento e della remissione dei peccati nel nome del Signore Gesù, se questo annuncio non comprende anche l’avvertimento solenne sulla fine a cui andrà incontro se rigetterà quello che gli viene detto di fare, cioè ravvedersi? Come potrà capire che dalla sua decisione pro o contro il Vangelo dipenderà il suo eterno futuro, meraviglioso se la decisione è positiva, orribile e infame se negativa? A me pare che non potrà. E non solo, ma come potrà essere apprezzato pienamente il messaggio del Vangelo da coloro che lo hanno accettato se non sentiranno anche loro che il Signore li ha salvati da una fine orribile e piena di tormenti che parole umane non possono descrivere in maniera perfetta? Ed ancora, ma come potranno coloro che hanno accettato l’Evangelo essere indotti a perseverare nella fede in Cristo e a santificarsi nel timore di Dio se non sentono dire che se si traggono indietro e si lasciano di nuovo avviluppare nelle contaminazioni di questo mondo da cui sono fuggiti, se ne andranno anche loro all’inferno? A me pare che non potranno.

 

E che sia così è confermato dal fatto che oggi molti che sentono l’Evangelo pensano che accettare il Vangelo significa semplicemente avere i propri problemi risolti nel senso che accettandolo sparirà la solitudine, la tristezza e la paura del domani. Non che questo non sia vero, perché in realtà il discepolo di Cristo ha sempre il Signore con lui, ha la gioia della salvezza nel suo cuore, e la pace di Cristo nel suo cuore, anche se è altresì vero che il Cristiano vede sorgere nella sua vita tanti altri problemi con la sua conversione perché comincia ad essere perseguitato e ingiuriato a motivo del Signore e perciò a soffrire molto, direi da un certo punto di vista più di quanto aveva sofferto da non credente perché in alcuni casi verrà incarcerato come un malfattore e magari anche messo a morte a motivo del Vangelo. E così essi – i peccatori – non sanno che rifiutare il Vangelo significa andare all’inferno dove sono diretti; ma d’altronde nessuno glielo dice per paura di spaventarli!! Ma veniamo ora ai credenti; da quello che io ho visto sono ben pochi i credenti che apprezzano il Vangelo, e questo perché ben pochi si rendono conto che mediante il Vangelo oltre ad essere stati salvati dal peccato sono stati strappati dal fuoco dell’Ades e da quello della Geenna. Nel parlare dell’eternità con alcuni credenti pare che per loro alla fin fine la salvezza ricevuta per la grazia di Dio non è poi così grande. Pare sentirgli dire: ‘Sì, siamo stati salvati, ma non farla apparire così tragica e terribile la fine che correvamo da perduti!’, come dire insomma: ‘Beh, ma anche se fossimo morti nei nostri peccati non ce la saremmo mica passata così male!’. La Scrittura però non mi dice questo, essa mi dice che se fossi morto nei miei peccati avrei patito un tormento eterno in un ardente fuoco eterno dove dell’acqua c’è solo la memoria. Per questo ringrazio Dio Padre in Cristo Gesù del continuo per avermi salvato; per questo ogni qual volta parlo del Vangelo ai peccatori mi studio non solo di dirgli che si devono pentire e credere in Gesù per la remissione dei loro peccati ma anche che se non lo faranno se ne andranno all’inferno dopo morti. Ed è sempre per questo che parlo dell’inferno anche ai credenti affinché perseverino nella fede nel Vangelo fino alla fine e scampino così da esso. Un loro rinnegamento infatti significherebbe la perdizione. E per quanto riguarda la santificazione che dire? Diremo che oggi sono pochi i credenti che si santificano veramente e questo perché non c’è quel desiderio di onorare il Vangelo come si deve. D’altronde il Vangelo non ci ha salvati poi da una così grave punizione, perché quindi dobbiamo rinunciare a così tanti piaceri?!!’ Ecco dunque perché il Vangelo è disonorato proprio da coloro che lo dovrebbero onorare con tutte le loro forze! C’è la frase di un cantico che dice: ‘Onoriamo la Parola del Vangel’, è una bella frase, ma essa va adempiuta e non solo cantata. Io l’ho cantata anche quando ero perduto, ma nei fatti non onoravo la Parola del Vangelo. E questo vedo fare proprio a tanti credenti, il che mi spezza il cuore. Quel Vangelo per cui gli apostoli diedero la vita, soffrirono così tante persecuzioni, così tante privazioni, soffrirono così tante ingiurie, per portarlo a coloro che non lo avevano sentito e per onorarlo tramite le loro parole e le loro opere affinché il nome del Signore venisse glorificato in loro, è così sprezzato nella pratica in seno a molte chiese che pare che esso non abbia alcun valore! Sì a parole ha un grande valore nel locale di culto, ai convegni, ai campeggi, ma non nella pratica, non nella vita di tutti i giorni. La Parola di Dio è calpestata, i compromessi con il mondo sono molti, la parola della croce è quindi denigrata. Molti pastori sono degli uomini d’affari, pronti a tradire il Vangelo per meno di trenta denari del tempo di Gesù; sembrano usciti da un’istituto dove si insegna il marketing, e non da un’istituto dove viene insegnato a onorare la Parola di Dio. Vogliono le folle, i loro nomi scritti su questo o quest’altro giornale, il messaggio deve dunque essere conforme ai tempi moderni, bisogna soddisfare le esigenze dei credenti moderni. Molte pecore nella vita di tutti i giorni fanno la stessa vita degli increduli, le varianti sono così minime che quelli del mondo si trovano a loro agio assieme a loro. Ecco cosa succede quando si evita di parlare dell’inferno ai credenti; prendono tutto alla leggera, come se la loro vita fosse una piacevole vacanza sulla terra in attesa di entrare in un paradiso dove la vacanza sarà migliore! La vita invece per il credente è una guerra continua contro il peccato, contro il diavolo e i suoi ministri invisibili che cercano di soffocare la parola che è stata seminata in lui, che cercano di farlo diventare tiepido per farlo vomitare dalla bocca del Signore, che cercano di farlo diventare amico del mondo per renderlo nemico di Dio e precipitarlo così all’inferno! Sia dunque proclamato non solo il Paradiso, ma anche l’Inferno; siano proclamate sì le gioie ineffabili e la pace immensa e le bellezze del Paradiso, ma anche i dolori, i pianti, lo stridore dei denti, le sofferenze indicibili che si patiscono all’Inferno. E questo per i seguenti motivi, affinché i peccatori siano presi dal tremito e si ravvedano dai loro peccati e afferrino la vita eterna che è in Cristo Gesù, e i credenti siano spinti a onorare il Vangelo.

 
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